In Valle d’Aosta si è già arrivati a contagio-zero. A buon diritto, quindi, in questa fase due si sta già pensando concretamente alla prossima stagione estiva. “Anche perchè sarà un’estate molto più “da montagna” del solito, come vado ripetendo da oltre un mese”. Lo sostiene Ivan Parasacco, assessore comunale al Turismo di Courmayeur, la perla dell’alta Valdigne che vanta nel suo territorio comunale la vetta d’Italia, il Monte Bianco, condiviso, sull’altro versante, dal comune francese di Chamonix.

Assessore, perchè pensa che sarà un’estate come dice lei “da montagna”?

“Perchè qui almeno non ci sarà il problema del distanziamento sociale: bastano pochi passi per riuscire a raggiungere l’isolamento. L’unico grosso problema è che ad oggi non abbiamo ancora una certezza su come si dovrà “riaprire”, e non sappiamo nemmeno come verranno controllate le eventuali ricadute del Covid sugli ospiti. È difficile, in queste condizioni, proporre alcunchè e cominciare a spingere e promuovere i nostri siti e le nostre strutture. In ogni caso, ritengo che la montagna sarà sicuramente leader e principale attore: è forse un’occasione irripetibile per le stazioni montane, un vantaggio concreto nei confronti delle destinazioni costiere. Molti potranno scoprire una montagna che non conoscevano”.

Pensate di incentivare anche il marketing di territorio?

“Da qualche giorno abbiamo pubblicato un breve video, molto simile a quello che ha realizzato la Svizzera: “Dream now, travel late”, il concetto è lo stesso. Abbiamo elaborato una campagna paid, Courmayer Reborn, basata sul concetto di montagna, per dire che noi ci siamo. Questo è il nostro marketing, non possiamo fare altro. E in tutta la Valle si fanno azioni simili, proprio per passare questo messaggio, per “marcare” il territorio”. Fondamentalmente il messaggio che deve passare è: le montagne sono qui, vi aspettano. Attraverso il filmato si vede la natura che ci circonda e si capisce la possibilità di distanziamento”.

State cercando anche di offrire una certa sicurezza a chi sta cercando una meta per le proprie vacanze?

“Questo è il nostro leitmotiv, il messaggio principale che deve passare. Ma attenzione: non bisogna fraintendere il nostro discorso con “qui non c’è il Covid”, cosa che oggi nessuno può garantire e a cui nessuno potrebbe credere. Abbiamo elaborato un documento congiunto tra tutti gli assessori del Turismo della Valle d’Aosta al presidente della Regione, sostenendo proprio che vorremmo avere certezze sulla velocità di diagnosi (test rapidi a risposta immediata) e individuare strutture idonee per confinare gli eventuali positivi in quarantena. Perchè adesso una paura per gli albergatori è proprio questa: se si fanno i tamponi ai clienti, si ottengono i risultati dopo 5 o 6 giorni, e a quel punto si dovrebbe mettere in quarantena tutta la struttura. A questo punto non conviene nemmeno riaprire”.

Per quanto riguarda il marketing di prodotto, gli albergatori e operatori della zona stanno lavorando per promuoversi in una maniera nuova, migliore?

“Ni. Gli albergatori come sempre tendono a tirare l’acqua al proprio mulino e a far lavorare un ente centrale, piuttosto che lavorare loro stessi sul marketing. Noi però, come dicevo, oi abbiamo un’occasione unica in questo momento: è il “turning green”, il diventare verdi, l’accostarsi alla natura. Come Courmayeur, abbiamo adottato quello che si chiama l’abc di Courmayeur (ambiente, benessere e cultura), che è abbastanza generale e rispecchia quello che noi vorremmo Courmayer diventasse. A livello di marketing, di promozione del marchio, stiamo puntando quindi molto sulla natura, sulla cultura alpina”.

Ma sono ancora molti gli operatori convinti di poter andare avanti con la rendita di posizione?

“Sicuramente una buona parte naviga a vista. Da due anni a questa parte, da quando ho avuto la malsana idea di mettermi in politica, stiamo però raggiungendo buoni riscontri, proprio perchè stiamo coinvolgendo molto di più i nostri stakeholder, inizialmente in maniera più naif, adesso per comparti e categorie. Oggi cominciamo ad avere un’unità di intenti, più o meno, anche se a livello regionale è ancora difficile portare avanti una linea comune”.

Anche sull’innovazione tecnologica ci sono molte resistenze?

Secondo me, piuttosto, c’è ancora poca conoscenza. Ad esempio, un veicolo importante è il CRM (customer relationship management, ndr), sul quale vedo molti consensi. Ma nessuno pensa alla grossa mole di dati raccolti che andranno poi elaborati, perchè è assolutamente inutile ottenere un’infinità di dati e non sapere poi cosa farne. Un CRM dovrebbe inoltre essere anche un momento di condivisione, ci dovrebbe essere un incrocio di dati. Il singolo albergatore non può reperire tutti i dati: può tentare attraverso un telefono cellulare, un wifi gratuito, ma siccome a Courmayeur non c’è l’incoming (è solo regionale), non avrà nemmeno i dati delle azioni fatte sul mercato dei Tour Operator. Se ad esempio vado a fare promozione in Scandinavia, come faccio poi a sapere se ho fatto un buon lavoro se non so quanti scandinavi arrivano? Dovrebbe esserci un po’ più di coordinazione, ma stiamo andando verso quella direzione. Abbiamo già fatto un grosso lavoro per quanto riguarda i predictive analytics per i nostri mercati core (UK, Francia e USA), e ha portato risultati. Diciamo che il target del nostro cliente è ben definito, quindi anche il messaggio per i nostri clienti sono più targetizzati, non più sparati nel mucchio, per le promozioni”.

C’è un difetto dei sistemi operativi, delle società che curano questi sistemi nel farsi conoscere dai singoli operatori, oppure c’è una diffidenza di base da parte degli operatori verso queste facilitazioni che l’high tech può proporre?

“Ritengo che più che altro ci sia una scarsa convinzione dell’efficacia di questi strumenti, non da parte mia, ma da una parte degli operatori turistici, non interessati più di tanto e non così pronti e preparati. Gli albergatori stanno migliorando, ma è ancora dura”.

Potrebbero servire dei tester per dimostrare concretamente a quali risultati possono portare questi sistemi operativi?

“Secondo me sì. Abbiamo un’associazione albergatori molti permeabile alle novità, fortunatamente. Secondo me un test sarebbe una cosa interessante. Sicuramente Courmayer è leader per queste iniziative nella valle”.

Da parte dell’amministrazione pubblica come si potrebbero favorire questi salti culturali?

Prima di tutto attraverso la realizzazione della banda larga, che è in corso d’opera. Oggi non abbiamo ancora la fibra, ma la richiesta è grande. Speriamo di averla abbastanza estesa sul territorio per il mese di luglio”.

Che percentuale di territorio è attualmente coperta?

“Pochissima, non siamo al 10%. Un po’ la burocrazia, un po’ il lassismo pregresso hanno rallentato tutte le procedure, malgrado la fibra sia basilare, soprattutto adesso, con il telelavoro sempre più diffuso. Ma anche per il turismo: se una volta si mettevano le ciabattine e il profumino nelle camere, oggi è più importante un wifi performante. Già quattro o cinque strutture ce l’hanno: 1-2 cinque stelle e 3 quattro stelle. Ora stiamo chiudendo un contratto con un grosso operatore che ha deciso di investire nella zona”. 

Le operazioni di predictive marketing vengono fatte a livello singolo di struttura o a livello di consorzio?

L’amministrazione comunale ha un assessore, e basta, per il turismo. Poi abbiamo una società in-house, la CSC (centro servizi Courmayer), che gestisce alcune strutture (centro sportivo, parcheggi e tutta la parte turismo). È tutto demandato a loro: aspettano i nostri brief, poi si discute e si lavora in pieno accordo. I predictive analytics li ha elaborati la CSC”.

Quindi non è l’operatore che ha l’ownership del processo?

“No, all’operatore abbiamo fornito solo alcune info, perchè sono comunque operazioni che costano tanti soldi. Dare la pienezza del risultato a tutti equivale col vanificare le spese, perchè poi da lì i risultati verrebbero girati dappertutto. E soprattutto perchè la promozione della destinazione è di nostra competenza. Siamo poi noi che, attraverso il nostro disegno politico di Courmayer e il lavoro che stiamo facendo, andiamo a lavorare sui predective analytics. Noi abbiamo il food che è molto importante, mentre in USA è al 10% mentre in UK è al 60%, per esempio. Quindi in UK ci sarà un messaggio più legato al food, mentre in USA meno. Poi in USA il target cliente è over 50, dalla costa est sopra un certo reddito, e quindi andremo in target su quel tipo di clientela per la promozione”.

Prevedete per quest’estate flussi extra italiani?

“No, solo domestici, totalmente domestici. Il lockdown è generale in Europa, i turisti non si muoveranno finchè non avranno certezze sulle situazioni legate al contagio. La Francia, il nostro mercato principale in estate, è messa peggio di noi. Pensiamo comunque che qualche francese arriverà ugualmente. Il mercato francese è molto bello perchè è infrasettimanale e lascia il weekend al pubblico di prossimità italiano, al lombardo, ligure e piemontese. Ma in questo momento è tutto fermo”. 

Pensate di allungare la stagionalità dell’offerta?

“Certamente. È già un nostro punto fondamentale: abbiamo iniziato ad allungare la stagionalità con lo sport – diventato un vero volano per il nostro turismo -, arrivando quasi ai primi giorni di ottobre. Una volta si facevano “viaggi di sport” solo per il golf, oggi le gare di trail portano ospiti e pubblico, bene in autunno, meno bene nel gap tra primavera ed estate”.

La società in house che avete creato si occupa anche di prenotazioni?

No, non abbiamo incoming. Non possiamo fare prenotazioni, la scorsa amministrazione le ha azzerate, per volontà politica. Ero presidente degli operatori turistici, supportati dall’amministrazione comunale: si facevano le strategie di marketing, tutta la parte di pre-trip, educational, si mantenevano i contatti con i vari settori, le associazioni di categoria (ristoratori, albergatori, pubblici esercizi). È stato azzerato tutto. Ad oggi ufficialmente permane soltanto l’associazione albergatori”.

Quale potrebbe essere la giusta maniera per fare breccia negli albergatori più refrattari al cambiamento?

Bisogna far capire che non è la pancia che decide qual è il mercato, ma sono i dati. E bisogna riuscire a lavorare bene su questi dati. Ad esempio, abbiamo il numero di presenze dei francesi, e sappiamo quanti giorni si fermano. Ma ognuno ha una personale prospettiva, che è diversa dal tipo di albergo, dal tipo di offerta. Potrebbe essere interessante capire qual è la clientela che “rende”, quanti giorni rimane lì, cosa si può fare per farla rimanere di più”. 

Gli albergatori hanno difficoltà ad usare questi sistemi, oppure non credono in questo sistema data-driven?

Temono anche i costi, che normalmente sono alti. Chi fa arrivare la gente a Courmayeur non è l’albergo singolo, ma bensì la struttura, la marca, il brand Courmayeur. Agli albergatori interessa un discorso ampio, poi loro di conseguenza si muovono a seconda della loro categoria. La potenza di fuoco di Courmayeur è molto maggiore di quella che potrebbe essere quella di una struttura singola, che magari si limita alle piccole pubblicità, all’abbellimento dei locali, ad investire in servizi quando il cliente è in loco. Proporre un CRM a un albergo simile è anche poco, perchè non dà poi la panoramica generale, ma del singolo albergo. C’è l’albergo che sta aperto 11 mesi, chi 5 mesi, è tutto molto frastagliato”. 

Manca la rete, ma sembra mancare la voglia di fare rete, un tessuto connettivale tra le varie strutture alberghiere.

“Un po’ sì, anche se adesso si sta cercando di rimediare”.

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