Sempre meno hospitality tradizionale e sempre più app. Nell’hotellerie qualcosa sta cambiando. Superata l’industrializzazione dei servizi, con la ricerca della standardizzazione del prodotto (stessi arredamenti, stessi comfort), oggi si punta alla diversificazione, alla personalizzazione delle permanenze in struttura e delle proposte delle attività complementari. Di pari passo, aumentano le esigenze di snellimento delle procedure, della rapidità e della facilità nei contatti, dalle prenotazioni ai check-in, in un’ottica open, amichevole, smart. Sono trasformazioni tecnologiche ma ancor prima culturali, che necessitano di specifiche competenze, le skills, le abilità richieste per essere governate nella maniera più proficua possibile.

A ben guardare, non sono esattamente novità: le competenze nell’ospitalità sono state studiate già dai primi anni ’80. All’epoca Lisa Sisson, della Grand Valley State University, aveva scoperto che l’86% delle competenze ritenute essenziali per i manager nel settore erano “trasversali”, ovvero introspettive e interpersonali, difficili da apprendere o quantificare, direttamente correlate al carattere e all’intuizione. Da allora, è cambiato tutto. E niente. Per capirci: oggi le soft skills necessarie, che si contrappongono alle hard skills (riguardanti qualifiche più “oggettive”, quali livelli di studio, titoli, formazione, lingue), riguardano ancora il comportamento di ciascuno all’interno dell’impresa, del gruppo e delle sue funzioni. Si parla anche di “intelligenza emozionale”. Oggi però bisogna essere attrezzati a gestire e sfruttare – anche per questi scopi di relazioni e di “team building” – le nuove tecnologie, gli strumenti che l’universo digitale mette a disposizione, in continue evoluzioni.

“Nel caso della ricezione turistica, oggi le competenze imprescindibili sono tecniche e digitali – dice Alexander Lenk, direttore operativo di Hocaboo -. Non c’è bisogno di imparare a programmare, ma di familiarizzare con le nuove e imminenti piattaforme. Questo aiuta ad agevolare le operazioni, a ottimizzare i compiti ridondanti, in modo da potere risparmiare denaro nel backend e investire di più nel frontend”. L’ospitalità, però, sembra essere uno dei settori più lenti ad adottare la tecnologia, eppure dovrà imparare in fretta ad adattarsi. Gli albergatori non hanno necessariamente “paura”, ma tendono ad un certo scetticismo. Ma ormai è chiaro, sostiene Lenk, che essere aperti, innovativi e curiosi sono soft skills critiche per restare competititivi in un contesto di continui e repentini cambiamenti. Sempre secondo Lenk, è il middle management aziendale che dovrebbe farsi carico di portare questa mentalità all’interno, promuovendo la condivisione di articoli, spunti su specifiche tematiche, momenti di discussione. Questo processo può essere agevolato cercando di aggiungere dall’esterno figure professionali che possiedono già queste competenze e che fungano da apripista per l’intera azienda. “Non si deve pensare che ciò che ha funzionato vent’anni fa funzionerà ancora. Siate aperti ad accettare il cambiamento. Questo è il primo e più importante aspetto”.

“Intelligenza emotiva, flessibilità mentale, creatività e attitudine all’innovazione sono le skills a cui guardiamo quando assumiamo delle persone, accanto alla capacità di cogliere sempre le necessità del cliente e di valorizzare il servizio che gli viene offerto” ha detto Mauro Governato, GM del Peninsula Paris. A queste abilità Stuart Jauncey – managing director di Les Roches Global Hospitality education – ha aggiunto anche l’attitudine al processo decisionale data-driven.

Sembra chiaro che per qualificare un hotel sia assolutamente necessario qualificare le persone che lo gestiscono. Custode degli standard di servizio, il direttore d’albergo è la figura apicale dell’hotel, sovraintendendo a tutta la gestione alberghiera. Nella sua persona è riassunta la complessità di una professionalità sempre più ricca di skills manageriali, tecniche, operative, umane. Tante abilità che nel 2018 sono state addirittura codificate in una certificazione (Cwa 17327) studiata in sede europea da UNI, EHMA, ANEC (Associazione europea dei consumatori), AICA (l’Associazione italiana Confindustria alberghi), AIFBM (Associazione italiana food&beverage manager) e l’Ente di certificazione Intertek.

A questo, bisogna aggiungere l’obbligatoria considerazione che oggi va riservata ai Millennials: per loro, una skill fondamentale è la capacità di essere disponibili e tempestivi anche via social, divenuti in breve tempo un canale di comunicazione sempre più importante. Soprattutto per i giovani, che domani saranno gli ospiti degli alberghi.

È proprio questo il dualismo delle skills necessarie per l’hotellerie del futuro: da una parte la formazione al digitale, dall’altro l’adeguamento culturale. Nel bilanciamento di queste attitudini del team si giocherà il successo della struttura.

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